Il nuovo film (non) su Ciaikovskij

Disperi chi (se il titolo sarà circuitato con una versione doppiata) assistendo al film [1] Zhena Chaikovskogo (La moglie di Ciaikovskij) di Kirill Serebrennikov, voglia trovare la (giusta) chiave di lettura e conoscenza dell’illustre musicista, diviso (lui sì, altro che la moglie) tra l’inferno e il paradiso.
Il film [2] ha avuto una première italiana a Torino il 24 febbraio, in Francia il 15 addietro, presentato a Cannes l’anno scorso ha suscitato molte perplessità [2b-c] unitamente ad una diffusa attestazione di efficace risultato visivo. Ma oggi qualsiasi pellicola ha la tecnica e ricostruzione dalla sua se per quello.
Il vero punto di discussione è che questo non è un film su Ciaikovskij ma sulla moglie (Antonina Miliukova) [3].
Non solo: della musica dell’Autore nelle 2 ore e 23 minuti non se ne sente e tutto quello che uno spettatore (certamente richiamato alla visione dall’illustre nome e non dalla nominata di lui sfortunata consorte), vorrebbe magari sapere, dovrebbe-secondo il regista e stesso sceneggiatore Serebrennikov-intuire, per “richiamo”, “allusioni”, dalla figura-come qui esibita-di Antonina.

Questo però significa che lo spettatore fosse a conoscenza delle mille pieghe del personaggio Ciaikovskij, nella loro realtà storica e biografica, oltre quella delle persone (moglie appunto inclusa) che il maestro fece orbitare attorno sé. E questo è difficile, quasi chimerico.

Si tratta ragionevolmente di un’operazione cinematografica piegata su se stessa, estetizzante e compiaciuta da parte del regista dissidente che aveva iniziato a pensare a questo film addirittura nel 2012, osteggiato in patria subito essendo sorte difficoltà di finanziamento statale a seguito dei timori delle autorità, per l’aspetto relativo l’omosessualità di Ciajkovskij, in accordo con i provvedimenti governativi del gennaio 2013.
Malgrado il suo evidente opporsi al proprio governo e ben testimoniato questo da tre anni di divieto di viaggio, Serebrennikov ha detto (“Variety”):

La cultura russa riguarda la fragilità della vita. Si tratta di persone che sono sotto oppressione. Che stanno combattendo per la verità o per la giustizia… Questa è vera cultura. Non cultura ideologica. Non propaganda. Penso che non sia giusto boicottare questo tipo di cultura.

Serebrennikov (chiosa ancora “Variety”) afferma di essere stato attratto dalla storia del compositore più famoso della Russia in parte a causa della sua vastità. “Ciajkovskij è davvero un universo. È enorme”, dice il regista. “La sua vita è la vita di un geniale artista russo. Allo stesso tempo, appartiene alla cultura europea e persino alla cultura americana”.
Ma nelle critiche uscite a ridosso del film qualcuno pensa che la sua dimestichezza con il celebre compositore sia precaria, visto il trattamento di fatto nella confezione del lungometraggio.

Ancorché direttore artistico del Centro Gogol di Mosca curiosamente il regista non ha ricevuto alcuna formazione specifica né per il teatro né per il cinema; ha invece una laurea in Fisica.
Paradossalmente la motivazione nel 2017 del a lui assegnato XIV Premio Europa Realtà Teatrali, a Roma, spiegherebbe il suo eclettismo:

Spesso passa per un provocatore, ma ciò che egli mostra con il suo lavoro è essenzialmente frutto della sua mentalità aperta, delle sue visioni, dei suoi talenti multipli e di un pensiero divergente, da scienziato o da artista autentico, che sa intuire e comprendere la realtà per distillarne in chiave critica alcuni aspetti fondamentali e contribuire a trasformarla dando voce alle inquietudini del nostro tempo; (motivazione al Premio).

E sempre la rivista americana conclude (Christopher Vourlias, 18 maggio 2022):

Anche lavorando in esilio, Serebrennikov insiste di essere un artista russo nel cuore, legato per cultura, lingua e storia al paese che, nel bene e nel male, lo ha plasmato. “Continuerò ad amare la mia cultura. Amare Ciajkovskij, Dostoevskij, Cechov, Bulgakov, Tarkovskij e altri artisti brillanti che mi hanno reso la persona che sono”, dice. “Non voglio tradirli”.

Se la diversità caratterial-sessuale di Ciaikovskij sia stata la unica e vera ragione delle difficoltà produttive protrattesi per dieci anni, la risposta di Vladimir Putin (ripresa dalle numerose recensioni rintracciabili) sarebbe stata all’incirca:

Dicono che fosse omosessuale. Noi russi non amiamo Ciaikovskij per questo. Amiamo la musica. E lui ha scritto della grandissima musica. Dunque amiamo Ciaikovskij.

Tornando al punto dolente si può certamente parlare di un artista per bocca altrui (o per occhi altrui). Il fondo il bel film recente di Pupi Avati su Dante ne è un esempio. Ora, senza andare per l’ambito musicale al pesantissimo “Cronaca di Anna Magdalena Bach” in bianco e nero del 1967 di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, va ricordato che la tecnica di narrazione “per interposta persona” è un valido mezzo. La realtà però è che Antonina Miliukova non è la sola donna di Ciaikovskij, ma una delle donne che hanno siglato la sua esistenza tanto di uomo che musicista. Altri film lo hanno perfettamente già reso addirittura oltre cinquant’anni fa.

L’inglese Ken Russell [4] nel 1971 ha proprio sulla figura della Miliukova, interpretata superbamente da una eccezionale Glenda Jackson, basato il suo melodramma anche e sia pure baroccheggiante, nel proprio stile certamente, ma perlomeno sulla musica si lavorava e i temi affrontati guarda caso erano gli stessi oggi esibiti da Serebrennikov come originali e nuovi. Non per nulla Russell presentando il suo film sentenziava essere “la storia di un omosessuale con una ninfomane”, anche se in realtà poi era il primo a “riabilitare” l’immagine della donna dal marchio imposto dalla storiografia specifica.
Che Serebrennikov ci marci sopra sulla “salvazione” femminista della predetta, a danno-quasi-del pur rispettato compositore, è lecito sospettarlo.

Anche perché nella realtà degli eventi la Milukova fu una fastidiosa esperienza e presenza di una donna che Ciaikovskij si trovò suo malgrado fra i piedi: domandarsi (come alcuni critici del film-leggo-il motivo per cui entrambi accettarono l’evento, alla luce delle difficoltà d’entrambi), domandarsi dunque “perché” ciò accadde, significa molto semplicemente che non si è letta la documentazione epistolare o biografica che esiste, insomma non si conosce il contesto, da qui il dover pendere dalla “versione” interpretativa Serebrennikov.

Un altro film russo, uscito nel 1969, per la regia di Igor Talankin [5], sia pure con le censure del caso, aveva ben indagato sulle luci ed ombre dell’universo ciaikovskiano, e si concedeva (come Russell) numerosi momenti che erano ben lontani dall’inscenare un dramma didascalico hollywoodiano, anche in una cornice cinematografica sfarzosa. Entrambi questi film utilizzavano l’onirico, la memoria, l’incubo, il celato, il trasfigurato. Troppo già detto (e meglio), con buona pace degli estimatori di Serebrennikov (poco informati evidentemente).

E poi il musicista ebbe altre tre figure veramente importanti nel corso del proprio percorso di vita ed artistico: la madre, la sorella e la baronessa von Meck con la quale-come noto-intrattenne un legame epistolare (e finanziario) per tredici anni, senza mai vedersi. Il riflesso materno e con la sorella, illuminava il suo affetto per i bambini e dunque per i nipoti (in particolare Bob Davydov) che rinviavano alla genitrice. Freud avrebbe avuto un bel terreno di indagine con il complesso edipico nella fattispecie.

Sperando che nessuno voglia così investigare su altri musicisti (pensate a “La moglie di Verdi”, o perché no, “Il marito della Strepponi”), il consiglio è di leggersi una buona biografia su Ciaikovskij, quella di David Brown in edizione italiana [6], rivedersi “L’altra faccia dell’amore” di Russell o prendere visione di alcuni dei documentari (purtroppo sottotitolati) esistenti su YT riguardo la vita del musicista. O Wikipedia [7].

Con tutte le cautele dovute al fatto che la seguente fonte è di mano di Modest Ciaikovskij (ossia il fratello ombra del musicista), autore della prima biografia sul congiunto, la faccenda si risolve abbastanza semplicemente:

…secondo le stesse parole di Piotr, sua moglie Antonina Miliukova “si è comportata in modo onesto e sincero”, senza voler ingannare intenzionalmente il marito, ed è stata lei la causa della profonda infelicità del marito, inconsapevolmente. Quanto al compositore, anche lui si è comportato “onestamente, apertamente, senza ingannarla in alcun modo”. Entrambi, sposandosi, “si resero conto con orrore… che tra loro c’era un abisso di reciproca incomprensione, che non avrebbe mai potuto essere colmato, che si erano comportati come in un sogno, e che si erano inconsciamente sbagliati in tutto. Una rottura totale era l’unico modo non solo per restituire a entrambi il loro benessere interiore, ma anche per salvare la vita di Piotr Ilich.

[1] https://www.youtube.com/watch?v=5DnT4Brv2f
[2] https://www.lastampa.it/torinosette/202 … -12659331/
[2b] https://www.esquire.com/it/cultura/film … ket_reader

[2c] https://variety.com/2022/film/reviews/tchaikovskys-wife-review-cannes-film-festival-1235269401/
[3] https://www.youtube.com/watch?v=7dt3l0qCSDo
[4] https://www.youtube.com/watch?v=SXBbhKvKbhQ
[5] https://www.youtube.com/watch?v=Ll6WMSbcGsk
[6] https://www.ilsaggiatore.com/libro/cajkovskij
[7] https://it.wikipedia.org/wiki/P%C3%ABtr … Cajkovskij

ag, 26 febbraio 2023, pubblicato alle ore 20:25

3 commenti

  1. Informo che da pochissimo giace (è la parola corretta) la pellicola in questione, su “Amazon-Prime video” Canale “IWONDERFULL”.
    Il film su “Cajkovskij” (pardon, la moglie) è visionabile nella versione italiana doppiata, pochissimo circolata a ottobre e poi in sala, e praticamente sconosciuta. Essa è stata data in alcune cinema super selezionati e in poche città.
    Per fare un esempio in Toscana solo a Pisa e Firenze e una manciata di giorni (più qualche occasione lucchese etc.).

    Il film può essere visto addirittura gratis abbonandosi “in prova” per sette giorni al suddetto canale (nell’ambito di “Amazon Prime” (pure quest’ultimo in prova gratuita).

    Se avete dunque voglia di perdere tempo e non capire nulla, annoiandovi mortalmente per un’estetizzante pellicola che a stento è stata sostenuta da chi ne aveva interesse, accomodatevi. Capirete qualcosa soltanto a condizione di conoscere la realtà biografica e i particolari intimi dei personaggi rappresentati, ma dubito fortemente ciò sia pratica diffusa.

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