L’opera con la roulotte o l’opera (a)normale.

Il vivo successo (persin ovvio) dello (definito) “storico” allestimento al Maggio di “Turandot” (ripresa di quello made 1997-anche-per la Città Proibita), esauritissimo per cinque volte a Firenze (edizione in corso), tale tripudio di consensi prova paradossalmente una antica questione.

Ormai lo spettacolo lirico (“morto” dal punto di vista neo-creativo e confinato alla mera ripetitività del titolo), sembra interessare o perlomeno esser degno di discussione, quasi solo se stravolto dalla rivisitazione registica. Un allestimento tradizionale o classico che dir si voglia, malgrado quanto detto in apertura, fa sorgere il beato dubbio-in assenza di eccezionalità della resa musicale (voci e no)- della mancanza d’autentico valore contemporaneo.

Viceversa, se sul palcoscenico la vicenda è messa gambe all’aria ed ha bisogno di un “vademecum” per esser svelata, potrà non piacere, ma farà discutere, passando la resa vocal-musicale in second’ordine. Prima la regia, poi la musica.

Così le roulotte furoreggiano da mo (“Carmen” a Firenze 2018, “Rigoletto” a Wiesbaden 2022, “Tosca” a Vienna 2022 solo per citare), tanto da far pensare che un rottamatore di rimorchi abbia un interesse a smerciarle ai Teatri. E come si adattano bene-al vero!-siano esse sulla piazza di Siviglia, lungo il Mincio o il Tevere, fate voi (anzi il regista).

Ovviamente non si tratta solo di un elemento scenico “fastidioso” e “irregolare” ma assai di più, il lettore-operomane è avvezzo e potrà enumerare da solo. Gli anacronismi (e fossero solo essi) di un allestimento-tanto per citare-come quello di “Tosca” al Theater an der Wien sono stati ben notati dalla critica.

Oddio: il divertimento è assicurato magari, e malignamente credo che un certo pubblico (in)colto lo reclami e ci sguazzi, un po’ come sentire (per chi non conosce il tedesco) le grida ed assalti di Scarpia nella lingua germanica. Basta “fàmolo strano”.

Divideremo dunque il “pubblico” potenziale in distinte categorie: quello che non glie-ne-po-fregà-de-meno della lirica (e appunto non ci va); quello del musicofilo “puro” solo Bach e (quasi) mai Verdi (come diceva Leibowitz); quello alla Wallmann (più tradizionale non si può nemmeno col candeggio); quello consenziente quando non sostenitore del nuovo perché è tale.

Allorché sul programma della stagione appare la dicitura “nuovo allestimento” la reazione del pubblico sarà sempre divisa da un dilemma: ci sarà o no la roulotte?

Finisce allora che un bellissimo (non foss’altro per i cromatismi in scena) di cui si è detto in inizio sembri assurdamente scontato, bello ma anormale, ché oggi la norma (non quella di Bellini) è altra e pure la regola.

© ag, 5 maggio 2024, pubblicato alle ore 21:54

Lascia un commento